L’imbarazzo di Palazzo Chigi e la strategia della prudenza dopo le dichiarazioni dell’ex presidente USA sull’Ucraina
di Luca Di Dio
A Palazzo Chigi il clima è teso. Nessuno può parlare ufficialmente, ma tra i fedelissimi di Giorgia Meloni l’imbarazzo è palpabile.
Le parole di Donald Trump sulla guerra in Ucraina hanno creato sconcerto e incertezza, lasciando la premier in una posizione scomoda.
La premier non si aspettava un cambio di rotta così drastico da parte del tycoon americano.
Da sempre attenta a mantenere un equilibrio tra gli alleati europei e la destra americana, Meloni è rimasta sorpresa dal ribaltamento dello scenario: Zelensky, da amico e simbolo della resistenza ucraina, è diventato un ostacolo, mentre Vladimir Putin torna a essere un interlocutore privilegiato per l’Occidente.
L’esatto contrario di quanto la leader di Fratelli d’Italia aveva predicato per anni.
Fonti interne raccontano di una Meloni perplessa, in cerca di una via d’uscita che si fa sempre più stretta.
Il suo governo ha investito molto nel sostegno all’Ucraina, allineandosi con NATO e UE, e ora le dichiarazioni di Trump rischiano di mettere in crisi questa strategia e la stessa tenuta del governo.
Un governo stretto tra le esigenze di Trump quelle di Bruxelles e le parole pronunciate a Marsiglia dal capo dello Stato Sergio Mattarella.
Per non parlare di quanto detto in un’intervista da Marina Berlusconi.
Chi ha avuto modo di parlarle riferisce che la premier è assolutamente determinata a mantenere la posizione atlantista, ma consapevole che, se Trump dovesse continuare con questi toni, il quadro geopolitico cambierebbe radicalmente.
Per ora, la linea di Palazzo Chigi è la prudenza assoluta.
Nessuna dichiarazione ufficiale, nessuna polemica aperta.
“Quando non si sa che dire meglio il silenzio” é la regola che vige a Palazzo Chigi.
Ma dietro le quinte, il governo italiano studia le prossime mosse, cercando di capire se e come adattarsi al nuovo corso americano.
Il problema però è che a Palazzo Chigi ancora non hanno individuato il “piano b”.
Come cambiare linea politica senza perdere la faccia?
Questo è il problema.